di Maurizio Gennari
Il biancorosso, 19 anni, racconta:
"Ho iniziato a giocare da piccolo, mia madre è apprensiva e mi portava in un luogo chiuso per fare sport"
C’e’ una specie di cordone sanitario intorno ad Andrea Traini, il biondino con la faccia di bronzo che entra e tira senza pensarci un attimo. "Bè, credo che se a uno gli si presenta un’occasione buona per concludere, lo deve fare. Altrimenti poi potresti pentirti per non averlo fatto. Meglio provare, anche se poi si sbaglia".
Chi è il tuo giocatore di riferimento?
Non ha un attimo di esitazione il biondino: "Pozzecco".
Arbitri: giovani penalizzati?
"No, io non sono di questa opinione perché tutto accade nell’arco di una frazione di secondo per cui non credo che siano lì a guardare se uno è giovane oppure no".
Quanto sei alto?
"Un metro e 78"
Cosa ti manca secondo te...
"Ancora tanto perché devo migliorare sia sotto il profilo fisico che sotto l’aspetto tecnico. Ho ancora molta strada da fare".
Sembri un figlio dei campetti parrocchiali: come hai iniziato a giocare a basket?
"Molto piccolo, a 4 anni e mezzo con mio fratello Matteo che è più grande di me. Mia madre ci portava tutti e due, e così ho iniziato".
Perché proprio il basket e non il calcio?
"Ah, questo proprio non lo so. Forse perché mia madre è molto protettiva e quindi preferiva portarci in posti coperti. Forse è questo il motivo".
E poi...
"D’estate il campetto dei salesiani a Porto Recanati, sempre con mio fratello, che è un torello ed anche più alto di me".
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Andrea Traini |
Come andava a finire?
"Una bella sfida perché siamo tutti e due molto competitivi e si rischiava anche di andare a litigare. Comunque lui è grosso..."
Da quanti anni sei a Pesaro?
"In totale cinque. Il primo anno ho fatto avanti indietro, dopodiché ho iniziato ad abitare con altri giovani nella foresteria della squadra".
Timidone il biondino fuori dal campo. Inizia a parlare dopo una serie di chiamate telefoniche e alla fine quando risponde, dice: "Sa, mi scusi, ma ero a scuola ed ero impegnato con i professori".
Che scuola fai?
"Geometri, ultimo anno".
E con gli allenamenti...
"Be', per esempio il mattino quando gli altri fanno attività in palestra e i pesi, io non posso. Poi cerco di recuperare il pomeriggio".
E’ giusto che i giovani italiani debbano giocare?
"Io non credo che si debba metterla in questo modo. Io non sono per il giusto o non giusto per cui se uno è italiano deve scendere in campo per forza. Io dico che se uno sa giocare, poi alla fine ha il suo spazio".
Sotto questo profilo Dalmonte ti dà fiducia.
"Sì, è vero, con lui ho un ottimo rapporto. Occorre anche aggiungere che con il problema degli infortuni sono anche aumentate le rotazioni".
Con qualche allenatore è andata meglio, con altri peggio. Perché?
"A dire la verità con tutti i tecnici mi sono sempre trovato bene. Ma se devo citarne uno, dico Giacomo Baioni: con lui ho un rapporto splendido. Ancora ci sentiamo".
Tutti sostengono che a questo punto c’è il pericolo che ti monti la testa. E’ vero?
"Assolutamente no. Sono consapevole che ho ancora molta strada da fare e devo migliorare in tante cose. No, no, ho i piedi ben saldi a terra".
A Porto Recanati giravano copie di articoli di giornale: sei diventato un divo?
Ride e dice:"No".
Ci torni spesso?
"Be' sì, lì c’è mio padre e anche mio fratello. E poi lì ho anche la mia fidanzata".
Gelosa?
"No".
Domenica avevi una pattuglia di fans al palazzo?
"C’era mio padre ed anche i miei cugini. Mio fratello no, perché stava male".
Impatto con la televisione, con Sky?
«Quando Barbalich mi ha detto dell’intervista, lì per lì sono rimasto sorpreso, poi mi sono un po’ sciolto. Non ho fatto scena muta come alla presentazione della squadra..."
Con chi ti trovi meglio sotto il profilo tecnico?
"Amo i pivot veloci e molto mobili. Con Cusin mi trovo bene. Americani? Nella nostra squadra trovo che Collins sia davvero straordinario".
Biondino avanti senza montarsi la testa...
"Non c’è pericolo. Però al posto di biondino preferisco Cacu.."
Il tuo soprannome?
"Sì me lo ha dato un ragazzo della nostra foresteria. Credo che stia per caccoletta, perché sono piccolo".
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