Cari amici, oggi vi proponiamo una lettura insolita che abbiamo cortesemente rubato dalle pagine della rivista LO SPECCHIO. Il pezzo è immaginario, ma anche estremamente realistico. E, a nostro modesto avviso, imperdibile.
BENTORNATO MAESTÀ IMPERIALE
(di Giancarlo LIUTI - LO SPECCHIO MAGAZINE)
FU SEME LA BOLLA D'ORO … E IL BRODETTO IL FRUTTO. UN IMPOSSIBILE (?) FEDERICO II, TORNATO A DARE UN'OCCHIATA ALLA SUA CREATURA IN RIVA ALL'ADRIATICO.
Si sa che corrono tempi di stravaganze nel vestire, ma non è certo cosa di tutti i giorni incontrare, alle otto di sera, a Porto Recanati, sul lungomare Scarfiotti, un tale con una tunica blu a mezza gamba, una mantellina di velluto scarlatto, una calzamaglia rossa fino ai piedi e, in testa, una grossa corona dorata. Mi accorgo che è disorietato e decido di aiutarlo. “Guardi che il Lola è chiuso, gli dico, semmai provi al Babaloo, ma tenga presente che le feste di Carnevale son finite da un pezzo”. Lui assume un'aria severa e, come offeso, alza la voce: “Lola? Babaloo? Carnevale? Che roba è questa? Non mi manchi di rispetto, signore. E badi che nel corpetto tengo una lama bene affilata”. “Mi scusi, volevo consigliarla per il meglio. Ma lei, mi dica, chi è?” La domanda lo delude: “Che brutta epoca è questa se la gente non riconosce più neanche Federico Secondo, re di Germania, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero! Uno che fu chiamato ‘stupore del mondo' per la sua straordinaria eccellenza, uno che non ce n'è mai stato un altro migliore di lui. S'inginocchi, signore, e mi baci la mano”. Stento a credergli, sono trasecolato. Ma il suo portamento regale ha per me l'effetto di un liquido ipnotico. Così, quasi mi vergogno di dirlo, faccio un inchino e gli bacio l'anello che lui porta sulla destra e peserà mezzo chilo. Poi, con la deferenza che è d'uopo per i sudditi ma in preda a una incontenibile curiosità, gli rivolgo altre domande. “Lei, maestà, nacque a Jesi, no?” “Sotto una tenda, il 26 dicembre del 1194, mia madre Costanza d'Altavilla fu presa all'improvviso dalle doglie durante il viaggio verso sud”. “Anch'io sono di Jesi, maestà. Vede gli scherzi del destino? Siamo concittadini”. Benevolmente sorride: “Diciamo pure di sì”. “Mi faccia capire una cosa, maestà. Lei, dunque, è ancora vivo?” “Il mio corpo si spense a cinquantasei anni, in un paesino di Puglia. Ma lo spirito di un autentico imperatore non muore mai, è immortale”. “E perché da queste parti dopo più di otto secoli?” “Amai questa terra e ci sono tornato per vedere se è rimasta dolce, tenera e bella come allora”. “Però non risulta che lei sia mai passato qui e ci abbia trascorso, che so, una vacanza”. “Visitai tantissimi luoghi, e di questo, da Recanati a Porto Recanati, m'innamorai. Il fatto che non risulti nei libri dipende dalla sciatteria degli storici”. “Allora può fare il confronto. Che ne pensa della Porto Recanati di oggi? Questo lungomare, per esempio, non lo trova stupendo?” “Adesso sì, ma l'altro ieri non c'era”. “Come non c'era?” “L'aveva spazzato via una mareggiata, una di quelle che più volte all'anno si mangiano la spiaggia, il marciapiede, la strada e arrivano fino ai villaggi turistici. I bagnini sono infuriati, m'hanno detto che di una scogliera frangiflutti se ne parla, se ne parla e se ne parla, ma rimane nel libro dei sogni”. “Ai suoi tempi le opere pubbliche si facevano meglio?” “Questo è sicuro. Nel 1229 emisi, da imperatore, una Bolla d'Oro che concedeva a Recanati il diritto di erigere un castello, costruire un porto e non pagare le tasse. Quello fu il primo passo per la nascita, molto più tardi, del Comune di Porto Recanati. Un atto di grande modernità laica e di grande amore per questa gente. Più o meno il castello c'è ancora, con tanto di torre. Ed è la cosa più importante di questo paese. E il porto? Niente, come le scogliere”. “Adesso, insomma, non le piace quasi nulla”. “La mia Bolla d'Oro è diventata una bolla speculativa. Cemento dappertutto, a montagne. Quando ho visto quello che Recanati ha lasciato fare al confine con Porto Recanati, supermercati e compagnia bella, e quello che Porto Recanati ha lasciato fare in riva all'Adriatico col falso nome di Borgo Marinaro, mi son venuti i brividi”. “Non le do torto, maestà, ma perché ha detto modernità laica?” “Perché volevo unificare l'Italia nell'impero, contrastare le pretese dei baroni feudali e arginare lo strapotere della Chiesa. Litigai con ben cinque papi, Innocenzo III, Onorio III, Gregorio IX, Celestino IV e Innocenzo IV. Fu dura, sa? Spesso la spuntai, fui pure scomunicato, ma purtroppo mi uccise quella maledetta indigestione di orecchiette con cime di rapa che presi in Puglia. E alla fine vinse la Chiesa”. “Oggi, maestà, è molto diverso”. “Dice? Con, a due passi, la Santa Casa di Loreto? Via, lasciamo perdere. E sulla poltrona di sindaco di Porto Recanati non siede forse una signora iscritta al partito che fra tutti è il più vicino alla Chiesa?” “Ma quel partito, maestà, governa la Provincia insieme con la sinistra”. “Destra, centro, sinistra. Problemi vostri, della vostra perdita di veri ideali, di vere stelle polari che non indichino solo il presente. Io, guardi, feci riforme destinate a durare nei secoli, il nuovo ordine giuridico che furono le Costituzioni di Melfi, e l'impulso alla scienza medica della scuola salernitana, e l'istituzione dell'università di Napoli. Quella sì che era politica ad altissimo livello! Altro che Mario Monti!”. “Mi perdoni, maestà, ma lei mi sembra un esponente dell'antipolitica, un brutto fenomeno, un fenomeno che rischia di far morire la democrazia”. “Democrazia? Ecco una parola che nell'epoca mia non andava di moda. Però combattei, e vinsi, contro la Lega Lombarda, quella del Carroccio, che si opponeva al disegno di unificare l'Italia. Sono passati ottocent'anni, signore, la Lega è tornata e vuole la secessione. Sarebbe questo il vostro progresso?” “Ha dato un'occhiata all'Hotel House? Cosa ne pensa degli immigrati? Cosa ne pensa dell'Islam?” “Da piccolo, a Palermo, fra i miei maestri c'era anche un dottissimo Imàm. E m'insegnò tante cose, in astronomia, in matematica, nelle scienze naturali. Fu anche per merito suo che poi aprii la corte alla cultura araba perché io, ecco la modernità, capii l'importanza di superare ogni barriera e di conoscere il mondo. L'Hotel House? E' un ghetto, me ne sono accorto. Fosse per me, invece, lo farei diventare una facoltà universitaria”. “Non esageri, maestà. Lì ci abita tanta gente perbene, ma non mancano spacciatori di droga, contraffattori di marchi, gruppetti di malfattori. Non negherà che per la sicurezza dei cittadini portorecanatesi questo è un problema reale”. “Bisogna integrarsi, accordarsi, smussare le asprezze, accettare le diversità. Non a caso ero contrario alle Crociate. Partecipai alla sesta, nel 1228, ma vuol sapere come? Stipulai un trattato col sultano e senza colpo ferire ottenni la liberazione di Gerusalemme”. “Tutto bene ai suoi tempi, maestà, e tutto male oggi? Perdoni la sfrontatezza, ma a me pare che lei tiri un po' troppo l'acqua al proprio mulino”. “E sia, ammetto che neanche allora si viveva in un paradiso terrestre. Però, siamo onesti, chi fu che, pr-ma dei fiorentini, diede dignità alla lingua volgare e mise le basi dell'italiano? Vogliamo dimenticare poeti come Cielo d'Alcamo, Giacomo da Lentini e Pier della Vigna, tutta gente della mia corte? E non solo. Sappia che la forza spirituale della mia Bolla d'Oro gettò il seme, sulla terra vostra, anche della grande poesia. Per questo, forse, avete avuto un Leopardi”. “Mi dica ancora, maestà, mi parli del brodetto alla portorecanatese. Lo mangiò? Le piacque? E' tornato anche per questo?”. Ma al suono della parola “brodetto” la figura di Federico Secondo si trasforma in una nuvola di rilucente vapore che si alza di un paio di metri, piega a sud e ad altissima velocità si dirige verso i ristoranti del centro.
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foto tratta da wikipedia |
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