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giovedì 13 agosto 2015

COSA DICE IL RICORSO BERTI (ANZI, IL RICORSO PASSEROTTI) - PARTE PRIMA

Oggi sul Corriere Adriatico é uscito un articolo che tenta di spiegare in poche righe il contenuto e le motivazioni del ricorso avanzato al Consiglio di Stato dal Commissario Passerotti che si è avvalso, per questo, dell'Ufficio di Avvocatura Pubblica presieduto dall'Avv. Berti, con cui il nostro Comune é convenzionato. Non abbiamo voglia di fare polemica. Ma a nostro modesto avviso l'articolo, forse anche per la sintesi obbligata dovuta sllo spazio in pagina, non é chiarissimo. Proviamo dunque a capire che cosa scrive Berti nelle motivazioni che, a suo avviso, rendono la sentenza del Tar appellabile al Consiglio di Stato.

 

Berti scrive che a suo modo di vedere le sentenze del Tar presentano errori e contraddizioni, ponendosi in relazione a numerose questioni oggetto di controversia, in aperto contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti: esse si prestano pertanto ad impugnazione davanti al Consiglio di Stato, se non altro per una serie di motivi che poi sinteticamente illustra. Berti inoltre constata che il termine di 45 giorni imposto dal Tar é assolutamente incongruo, anche alla luce del fatto che, qualora l'Amministrazione decidesse di approvare la variante, sarebbe comunque necessario adeguare i relativi elaborati alle numerose prescrizioni cui è stato subordinato il parere favorevole della Provincia.

 

L'avvocato di Gabicce precisa inoltre che secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, la spontanea ottemperanza da parte dell'Amministrazione alle sentenze di annullamento del Giudice di primo grado non comporta di per sé acquiescenza, salvo che emerga in modo esplicito la volontà di accettare l'assetto di interessi definito nella sentenza medesima e di rinunciare all'appello e ciò vale anche quando l'ottemperanza richieda l'adozione di nuovi atti amministrativi in sostituzione di quelli annullati dal Tar. L'ottemperanza alla sentenza di primo grado ( nel nostro caso la conclusione del procedimento di variante) costituisce infatti atto dovuto per l'Amministrazione senza che ciò implichi necessariamente il recesso del convincimento sulla legittimità delle determinazioni originariamente assunte ed il venir meno dell'interesse all'appello che può peraltro fondarsi anche sulla opportunità di scongiurare il rischio di pretese di tipo risarcitorio. Pertanto qualora il Comune decidesse (come ha poi fatto con la decisione di Passerotti) di proporre appello alla sentenza del Tar, nell'ottica del doppio scenario tracciato dalla sentenza dello stesso Tar si osserva che:

A) nell'ipotesi in cui il procedimento si concluda con la non approvazione della variante, non si pomgono particolari problematiche in ordine alla compatibilità della decisione assunta con la proposizione dell'appello.

B) nell'ipotesi in cui il procedimento si concluda con l'approvazione della variante sarà opportuno indicare espressamente nei relativi atti amministrativi che essi vengono adottati al solo fine di ottemperare alla sentenza, senza che ciò implichi acquiescenza all'appello e con l'espressa avvertenza che i loro effetti verranno meno in caso di eventuale riforma della sentenza di 1 grado.

 

I MOTIVI DELL'IMPIGNAZIONE DELLA SENTENZA DEL TAR (SEMPRE SECONDO LA MEMORIA BERTI AVALLATA DAL COMMISSARIO PASSEROTTI):

 

- Inammissibilità dei ricorsi

 

L'articolo 6 dell'accordo procedimentale stipulato tra il Comune (amministrazione Ubaldi) e la Coneroblu prevedeva che "esulassero dagli obblighi assunti dal Comune qualsiasi evento od atto che possa arrestare o modificare la proposta di variante, essendo le relative determinazioni di competenza della Provincia. Esula parimenti da ogni responsabilità del Comune l'eventuale vittoriosa impugnazione della variante di che trattasi, una volta approvata, avanti ai competenti organi giurisdizionali. In conseguenza la parte privata rinuncia sin d'ora ad ogni azione (ivi compresa quella risarcitoria) per la mancata approvazione della variante o per la sua modifica sostanziale per effetto di determinazioni degli organi del Comune o delle Pubbliche amministrazioni che, per legge, interverranno nel procedimento o per l'annullamento della variante al PRG in sede giurisdizionale, da qualsiasi ragione originata"

 

Il Tar non ha accettato questa inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune in base alla clausola di cui sopra perché :

A) la clausola va interpretata nel senso che la rinuncia é limitata al caso in cui la variante non fosse stata approvata a causa di problematiche emerse nel corso della V.A.S. e/o della verifica di conformità con la pianificazione sovraordinata oppure per considerazioni di ordine urbanistico espresse dal C.C. - nella specie, come si é già detto, l'amministrazione ha invece fondato il diniego di approvazione della variante sul fatto che é stato annullato in autotutela l'atto di recepimento dell'accordo, con ciò incidendo sulla stessa efficacia dell'atto giuridico che contiene la clausola di preventiva rinuncia"

B) oltre ciò va detto che una clausola di rinuncia preventiva a far valere l'illegittimità di atti amministrativi sarebbe nulla, perché al privato non é consentito di autorizzare preventivamente la P.A. ad agire contra legem, il privato può al limite rinunciare a proporre un ricorso una volta che l'atto lesivo sia stato adottato o anche a rinunciare all'azione in corso di causa, ma non preventivamente.

 

Secondo Berti, con la prima argomentazione il Giudice non ha interpretato la norma, ma l'ha integrata, trascendendo dal suo tenore letterale, con la seconda argomentazione ha confuso l'istituto dell'acquiescenza con l'altro e diverso istituto del divieto di abuso del processo e del divieto di venire contra factum proprium richiamato dalla difesa del Comune.

Errata valutazione in ordine al rapporto tra le due delibere impugnate:

I ricorsi erano volti alla caducazione (annullamento) di due distinti atti :

1) la delibera del Consiglio Comunale n. 46 del 21.11.2014 con cui si é disposto l'annullamento d'ufficio della Deliberazione C.C. n. 63 del 30.12.2013 avente ad oggetto l'approvazione dell'accordo procedimentale Comune - Coneroblu

2) la delibera del Consiglio Comunale n. 47 del 21/11/2014 con cui si é stabilito di non approvare la variante adottata con le deliberazioni del Consiglio Comunale n. 64 del 30/12/2013 e n. 7 del 8/4/2014.

Il TAR ha annullato la seconda delibera (47 del 2014) perché ha ritenuto che non avesse una sua autonomia rispetto alla prima cosicché, ritenuta illegittima la prima, ha ritenuto tale anche la seconda "a cascata". In realtà, come ammesso dagli stessi ricorrenti (Coneroblu) nel ricorso la seconda delibera aveva una sua autonoma causa e motivazione, in quanto il Consiglio Comunale ha indicato ulteriori motivi per non approvare la variante urbanistica. Quindi i due atti e relativi procedimenti erano "collegati" da un nesso di presupposizione non necessaria, in quanto la delibera n. 47/2014 (di non approvasione della variante) era atto a motivazione plurima, fondata su più motivi distinti e autonomi, con la conseguenza che avrebbe dovuto ritenersi legittima se almeno uno dei motivi posti a suo fondamento fosse risultato idoneo.

Errata valutazione in ordine alla natura della delibera di non approvazione della variante.

La delibera di non approvazione della variante il Comune ha considerato che "per costante giurisprudenza é del tutto fisiologica l 'ipotesi in cui un piano sia prima adottato e successivamente non approvato (Cons. Stato 2361 del 2012) e tale atto, a prescindere da come venga chiamato e giustificato, coatituisce sempre espressione di scelte di politica urbanistica che ciascuna amministrazione é libera di perseguire con gli atti di pianificazione del proprio territorio (Cons. Stato sez. IV 21.05.2004 n. 3316) - (così testualmente la delibera n. 47/2014)

Nel corso del giudizio la difesa comunale ha richiamato la costante giurisprudenza secondo la quale l'Amministrazione può sempre decidere di non approvare la variante e ciò nell'esercizio della massima discrezionalità amministrativa (che impinge finanche nel merito insindacabile in giudizio), l'unico limite essendo rappresentato dalla logicità e dalla coerenza della motivazione.

Il Tar, ha ritenuto la giurisprudenza richiamata non risolutiva perché: " la sentenza 3316 del 2004 si riferisce ad un caso in cui era stata "revocata" la delibera di adozione di una variante al PRG (mentre nella specie il ripensamento del Comune si é verificato nell'ultima fase del procedimento e, oltre tutto, l'adozione non é stata oggetto di ritiro o annullamento)".

Secondo Berti la sentenza del Tar, sul punto, é palesemente errata in quanto la decisione del Consiglio di Stato, adottata con sentenza 3316 del 2004, afferma un principio valido anche nel nostro caso. Eccolo:

"A questo riguardo, va in primo luogo precisato che l'atto impignato, sebbene sia espressamente definito annullamento e venga giustificato con il richiamo ad una serie di elementi che ne porrebbero in dubbio la validità, in realtà costituisce espressione delle scelte di politica urbanistica che ciascuna amministrazione comunale intende perseguire con gli atti di pianificazione del suo territorio. L'atto in questione, in altri termini, partecipa della stessa natura degli atti di adozione degli strumenti generali di pianificazione, che, in quanto atti generali di programmazione, manifestano l'indirizzo di politica urbanistica che l'ente locale intende imprimere al proprio territorio e non richiedono, anche per espressa previsione normativa, una particolare motivazione, come emerge dall'art. 3 legge 241/90 , la dove esclude dall'obbligo di motivazione gli atti normativi e quelli a contenuto generale ( nel cui novero rientra lo strumento urbanistico generale). Al pari delle scelte effettuate dall'Amministrazione nell'adozione del piano, che, secondo pacifica giurisprudenza, costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano state inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità, anche la delibera con la quale l'amministrazione decide di annullare un semplice progetto di variante generale al PRG, che non ha ancora proseguito l'iter previsto per la sua approvazione finale, non deve essere sorretta da motivazione particolare. A questi fini, é sufficiente che l'atto di annullamento epsliciti le ragioni che inducono all'amministrazione a ritornare sulla propria decisione e, poiché, nel caso in esame, tali ragioni investono tutta una serie di parametri che normalmente decono essere tenuti presenti in sede di adozione del piano, ritiene il Collegio che le doglianze rivolte dai ricorrenti in concreto si risolvono in critiche all'apprezzamento di merito, di esclusiva pertinenza dell'amministrazione.

To be continued......

 

Sotto vi alleghiamo l'articolo odierno del Corriere Adriatico. Che si chiude con una domanda che non abbiamo capito.

 

 

 

8 commenti:

  1. Il mio vecchio professore di Elettronica diceva che " se la cacca del cane e' secca non conviene rigirarci il bastone!".

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  2. La domanda finale si riferisce alla richiesta di sospensione dell'efficacia della sentenza, in base alla quale il Commissario dovrebbe approvare o meno la variante entro 45 giorni. Secondo Bufalari - mi pare di capire- la richiesta di sospensiva sarebbe un tentativo di impedire al commissario di approvare la variante. Come se fosse certo che il Commissario avrebbe optato per questa scelta.

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  3. Da questo almeno si ricava che la materia è complessa e le semplificazioni che fanno alcuni politici nelle loro ultime dichiarazioni appaiono prive di senso.
    Una cosa è certa che la tanto agitata responsabilità personale degli amministratori fa a farsi friggere alla prossima festa dell'unità.

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    1. Beh non è detto. Sevondo il Tar in caso di approvazione della variante si aprirebbe la strada per un risarcimento in favore di Conero Blu. E per come sono stati descritti gli atti dell'amministrazione Montali annullati non è detto che chi li ha approvati sia esente se non da dolo almeno da colpa grave...

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    2. Anonimo delle 17:31 del 13 agosto, ancora non hai capito o fai finta di non capire.

      La richiesta di indennizzo o rimborso per danno (due cose diverse), è stata annullata dalla sentenza del TAR perché le delibere che annullavano quelle di approvazione della variante BURCHIO sono state cassate.

      In sintesi: se la variante BURCHIO (salvo ricorso al Consiglio di Stato), è ancora in piedi, la CONEROBLU non può chiedere i danni perché non c'è più il motivo del contendere.

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    3. Anonimo delle 9:01
      Mi pare che invece la sentenza dica che un risarcimento ci dovrebbe essere se la variante venisse approvata, e dovuto proprio al ritardo dell'approvazione. Se ho capito bene, la CBlu andrebbe indennizzata per gli oneri finanziari dovuti all'immobilizzazione dei capitali, nel periodo di blocco del progetto.

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  4. Anonimo delle 9:01, ad oggi le delibere di annullamento della variante del Burchio sono state cassate dal TAR.

    Non esistendo più l'annullamento non esiste più tutto ciò che è collegato a queste delibere compreso la richiesta monetaria di risarcimento o indennizzo.

    Il comune può decidere, sempre ad oggi (fatto salvo il ricorso al C. d. S.), di approvare la variante definitivamente o riproporre l'annullamento.

    Nel primo caso, se approva, può valere su richiesta della CONEROBLU ed altri due, quello che tu hai esposto.

    Nel caso in cui il Comune ripropone l'annullamento, le richieste di risarcimento o indennizzo sono "reintegrate" e dovranno essere valutate da TAR su richiesta dei ricorrenti CONEROBLU compresa.

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  5. Lasciate perdere, non è pane per i vostri denti.
    Pensate all'aspetto politico: Porto Recanati ha bisogno di questa ennesima speculazione?
    Il paese cosa di guadagna?
    Questo vogliamo sapere.

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